Storie di armenti, uomini e pietre
€40,00
Informazioni aggiuntive
Peso | 1,100 kg |
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Dimensioni | 29,4 × 1 × 29,4 cm |
Autore | |
Lingua | Italiano |
Versione | |
Numero Pagine | 152 |
ISBN | 978-8864971483 |
Categoria | Territorio, Tradizioni |
DESCRIZIONE LIBRO
Storie di armenti, uomini e pietre: la transumanza nel Sirente, è un lavoro interessante frutto di un cammino dell’autore nei luoghi della transumanza, con una documentazione fotografica e un bagaglio di nozioni e reperti che testimoniano ancora oggi la straordinaria storia dei transumanti del Sirente.La Transumanza, pratica diffusa nel territorio sirentino, fa parte della storia delle persone e delle comunità di questi luoghi; inizialmente con l’utilizzo delle calles publicae romane corrispondenti ai tracciati delle popolazioni italiche, per strutturarsi in seguito nell’età angioina e aragonese in veri e propri percorsi definiti tratturi, tratturelli e bracci. L’autore ci conduce attraverso le immagini, i racconti e le storie ai percorsi dei pastori, ad una vita materiale dura ma ricca di conoscenze che si ripeteva indipendentemente dalle vicende storiche succedute in questi luoghi.
I cicli storici erano caratterizzati da avvenimenti quali guerre, carestie, epidemie, sisma, avvicendamenti politici, ma le greggi si spostavano sempre e transumavano; la migrazione dei pastori, armenti, muli, piccoli carri, vacche, cavalli, capre, galline e cani era ciclica; dai pascoli estivi delle montagne del Sirente a quelli invernali nelle pianure del Tavoliere e del Lazio e viceversa.
Era sempre presente la concorrenzialità dei medesimi spazi fra la pastorizia e l’agricoltura, questa competitività determinava un potenziale modello di scambio fra i prodotti della pastorizia con quelli cerealicoli. Possiamo dire che alla base della lunga durata del fenomeno pastorale abruzzese c’è la naturale vocazione della Transumanza a rapportarsi sia all’economia di sussistenza che a quella di scambio. I pastori passavano l’intera giornata tra i monti; l’individuazione dei percorsi, la conoscenza delle sorgenti, la ricerca della legna, dei frutti di bosco, delle erbe li facevano profondi conoscitori dei luoghi e li vedevano anche custodi.
Il rispetto della natura e di codici di comportamenti non codificati ma profondamente condivisi erano le regole della loro vita. Ripercorriamo la storia di uomini, animali e pietre leggendo il lavoro di Fabio Filippi che con il reportage fotografico, storico e culturale ci fa rivedere quei luoghi e con lui ripercorriamo la storia dei transumanti del Sirente come se dovessimo ascoltare le voci e i suoni dei campanacci che accompagnavano la traversata. Rivediamo il maglio usato, le callare, le fascere, le fuscelle, i fontanili, gli stazzi, i cippi di pietra, i riposi e le cappelline votive.
Le campane e campanacci si sentivano a distanza e ogni gregge aveva il suo suono che assecondava l’andatura; la Transumanza aveva soprattutto questa miriade di suoni. La varietà del suono determinava l’armonia del gregge; fermo o in marcia, più tranquillo o più nervoso.
Ma altro grande protagonista era il cane che conduceva il gregge con maestria e grande senso del dovere. Le pratiche religiose camminavano insieme ai pastori lungo i tratturi, la Transumanza riguardava l’intera vita del pastore, assieme alle greggi viaggiavano i suoi affetti, la sua cultura e la sua spiritualità.
Spesso l’incontro tra genti che transumavano e agricoltori era occasione di incontro e partecipazione, si condividevano informazioni, problemi, pericoli, ma anche momenti di festa e ringraziamenti partecipati che diventavano patrimonio e pratica comune. Oggi molto è cambiato. Già con l’avvento della ferrovia Pescara–Roma la Transumanza nel Lazio, nel secondo dopoguerra, veniva praticata facendo viaggiare le greggi sui treni, mentre i tratturi che portavano in Puglia si ridimensionavano nei loro percorsi. Il riconoscimento UNESCO, dato nel dicembre 2019, evidenzia l’importanza culturale della pratica della Transumanza; essa rappresenta un valore che si estrinseca e si concretizza nella funzione sociale come fattore di sviluppo della collettività e come elemento attorno a cui si definisce l’identità delle comunità locali. Il patrimonio culturale non è soltanto monumenti, reperti e collezioni di oggetti ma anche linguaggi, espressioni
e conoscenze orali, conoscenza del patrimonio naturale e dell’artigianato locale.
La diversità culturale è una risorsa importante di un territorio e non risiede solo nella manifestazione culturale in se, bensì nella ricchezza di conoscenze e competenze che vengono trasmesse da una generazione all’altra. Il patrimonio culturale è una testimonianza della vita e della storia di ogni luogo ed è anche la più straordinaria risorsa di creatività e ispirazione per uno sviluppo sostenibile in un mondo in continuo cambiamento.
NOTE SULL’ AUTORE

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